mercoledì 3 gennaio 2018

Il sacchetto della spesa, o della spinta rivoluzionaria dalla poltrona

credits Niccolò Castellini (flickr)


Da un paio di giorni, ohibò, l'utente medio di Facebook si trova immerso in commenti indignati sulla recente disposizione che impone agli esercizi commerciali di mettere a disposizione degli acquirenti buste per frutta e verdura che siano biodegradabili e di esporre il loro costo (2 cent) direttamente nello scontrino di pesata. 
Ah che tragedia! Norma iniqua e assolutamente fuori dalla logica ecologica, si dice. E se voglio portarmi la busta da casa? e se volessi usare la borsa di stoffa? la norma lo vieta! Governo ladro! Sicuramente c'è sotto un imbroglio! Rivoluzione!
E via alle soluzioni più fantasiose, dal boicottaggio dei supermercati, all'uso dei guanti al posto delle buste (che quelli sono gratis), alle risposte da dare all'eventuale personale che dovesse impedire l'emissione di uno scontrino per ogni frutto, ortaggio, o verdura acquistata.
Ma di che questione di principio stiamo parlando?
Io direi che visto che ci sta tanto a cuore l'ecosistema dovremmo intanto:
- andare a fare la spesa "normalmente" muniti di proprie shoppers riutilizzabili, meglio se in stoffa (che quelle in plastica, sempre di materiale non biodegradabile sono fatte, che credi!)
- smettere di acquistare bevande in bottiglia di plastica di ogni tipo (quelle gassate fanno anche piuttosto male alla salute)
-  smettere di acquistare piatti, bicchieri, stoviglie e tovaglioli di carta (sì, anche durante le feste che siano in tanti, al limite si organizzino turni in cucina, come una volta, serve anche a socializzare)
- usare pannolini di stoffa, lavabili, invece che gli usa e getta (e no, il confronto 1 tonnellata di rifiuto da mandare in discarica, e l'acqua consumata per lavare, non regge)
- usare coppetta mestruale invece che assorbenti e tamponi (è pure molto più igienica)
- comprare il più possibile al mercato del contadino, è più fresco, è prodotto più vicino, è più economico e si trova anche del bio (fai anche bene all'economia della tua zona).
- differenziare veramente e pretendere che il proprio comune lo faccia davvero.
- usare il più possibile le proprie gambe per gli spostamenti, piuttosto che mezzi a motore (fa pure bene alla salute) 
- quando non è possibile andare a piedi o in bici, usare mezzi pubblici (facendo pressione perché siano efficienti)
- usare il meno possibile i riscaldamenti (che fa bene alla salute e alla tasca, oltre che all'ambiente)
- adottare in casa sistemi di riduzione dei consumi idrici, elettrici e di gas.

Dopo aver fatto tutto questo, credo che entrare in un supermercato e dover pagare 2 cent per una busta biodegradabile non sarà assolutamente un problema, né di principio né di tasca.

(alzatevi ogni tanto da quella sedia davanti al pc, spegnetelo, prendete in mano un libro, fa bene)


martedì 14 giugno 2016

Quasi estate


Scrivo poco qui.
Se mi fermo a pensarci, mi accorgo che le stagioni si susseguono, affastellandosi una sull'altra, a volte indistinguibili da quelle che le hanno precedute, se non per un ammontare impreciso di ricordi, a volte nitidi, a volte terribilmente vaghi, difficili da collocare con precisione nel tempo. 
Ho sempre avuto un rapporto strano col tempo che passa. Il ticchettare delle lancette dell'orologio mi ha sempre affascinato, quel secondo che passa, scandito, e che mai più potrò recuperare, usare, fruttare, condire con sentimenti o parole. A volte mi pare fluire troppo veloce per me.
Il tempo qui invece si fissa, in fogli indelebili (o quasi) che registrano le parole, nero su bianco, come raramente succede nella vita. 
Forse è proprio questo che mi è sempre piaciuto della scrittura. La capacità di fissare un pensiero, un'idea, un sogno, un desiderio, una fantasia. Di fermarla in maniera definitiva, senza un passato e un futuro. Bloccata, come nulla è invece fermo nella vita.
Seguo linee curve, volute, fumo forse. Eppure oggi mi ritrovo in questa dimensione, più di sempre. Sento che è una nuova tappa evolutiva della mia vita, la avverto sulla pelle, e me ne sto a osservare ciò che arriva, assecondandolo. 
Ho passato una vita ad ostacolare, oppormi, bloccare. Sono stata rigida, corazzata, decisa, con pochi tentennamenti, pure quando ho sbagliato clamorosamente. Niente mezze misure. Oggi mi ritrovo diversa, lascio fluire. In attesa di comprendere meglio anche questo momento nuovo di me stessa, in attesa di trovare il punto in cui collocarmi. Ma con un sorriso, non ho fretta.

lunedì 2 maggio 2016

trent'anni fa era una giornata di sole


Trent'anni fa era una giornata di sole, calda, una di quelle belle giornate di primavera che qui possono diventare anche roventi, nelle ore centrali. Ma quella no. Era una giornata solare e calma, una giornata come tante altre, in Sicilia in primavera. Una come tante altre che ho vissuto in questi trent'anni, senza di te. 
Trent'anni sono una vita piena, è un lunghissimo periodo fatti di giorni, belli, brutti, allegri, solari, piovosi, arrabbiati, languidi, stancanti, esuberanti e anche noiosi. Mi sono volati tutti tra le dita, e quando penso che tutti insieme compongono trent'anni mi spavento. 
Che cosa è successo in questo lungo tempo? quanti fatti sono stati dovuti in maniera diretta o indiretta alla tua assenza? quanti momenti avrei potuto usare per raccontarti stati d'animo o pensieri o commenti su libri letti. Quante volte avrei potuto andare al cinema con te? 
Chissà dove sarei adesso, e come sarei, se tu non te ne fossi andata. A volte ci penso, non troppo spesso, perché so da me che sono domande inutili a cui non c'è risposta (e se ci fosse sarebbe meglio ignorarla).
Trent'anni, e non sono più la ragazzina di quella mattina, ho appena un anno in più di te a quel momento. Come sarebbe andarmene adesso? Non c'è un giorno che io non me lo chieda, soprattutto da qualche anno, da quando la mia età ha cominciato ad avvicinarsi alla tua di quel momento. Come sarà stato per te? Mi piace pensare che fossi serena, come sempre io ti ho visto (ma chissà se era così davvero, poi...). Ti ho ringraziato ogni giorno per questa capacità che hai avuto sempre, per l'immagine che hai costruito di te, giorno per giorno, in attesa di quel momento che sapevi inevitabile, e ne eri cosciente per via della malattia (ché tutti poi dovremmo saperlo che quel momento prima o dopo ci toccherà ma cerchiamo di pensarci poco e niente). 
Io no, io invece ci ho sempre pensato, e non è che mi faccia poi tanta paura, se non fosse per le persone che restano, ma non sono tanto brava, sai? Non sono come te. Sono collerica e incazzosa, io.
Ecco, mi piace pensare che  tu fossi serena e avessi fiducia (fede??) che noi comunque in qualche modo ce l'avremmo fatta. Ed è così, ce l'abbiamo fatta. In qualche modo, inciampando, qualche volta cadendo rovinosamente per poi rialzarci. Ce l'abbiamo fatta tutti, ciascuno a suo modo, come probabilmente ti aspettavi da noi. Ma non è forse così per tutti poi la vita? Anche senza passare per questa esperienza di lutto, non ci tocca sempre saltare ostacoli, fossi, rovi, lacerarci, curarci le ferite e ricominciare la corsa? non è così per tutti, poi?
Non lo so mamma. Non lo so. E' tutto così complicato a volte. Anche troppo, a volte.
Ma c'è di buono che poi, all'improvviso, mi colpisce un raggio di sole, quasi accecante, pure se è una giornata grigia e ventosa. E allora tutto pare riprendere la giusta dimensione, il respiro si fa più calmo, il magone sparisce, e il sorriso ritorna.
Grazie di esserci ancora.

venerdì 18 dicembre 2015

Io e una valigia rossa




Ed eccomi qui a raccontarvi le novità dei miei ultimi mesi.
Chi mi conosce sa bene che negli ultimi anni i miei interessi personali sono stati variegati, ma con un unico filo conduttore: il benessere personale. Credo che un poco dipenda dalla maturità, molto dalla vita che mi ha insegnato molto a riguardo, fatto sta che ho imparato a guardarmi dentro e a trasformare a poco a poco ciò che non mi piaceva. Certo è un lavoro lungo, forse non si finisce mai, ma sono molto soddisfatta di me.
Nel corso di questo tempo ho imparato a riconoscere che nulla accada per caso, e che spesso le occasioni capitano quando è il momento giusto. E' stato così anche per il mio incontro con la Valigia Rossa, una azienda al femminile che si occupa di salute e benessere sessuale, e con un occhio rivolto al sociale. L'ho conosciuta in maniera fortuita, grazie a un incontro virtuale con una donna che fa la consulente per questa azienda. Così ho approfondito, ho letto il sito, e ho deciso di diventarlo anche io, e dopo un corso e un periodo di formazione finalmente adesso sono operativa nella mia città.
Ma cosa significa per me essere una consulente della Valigia Rossa? Prima di tutto riuscire a entrare in contatto con donne che abbiano voglia, interesse e curiosità per parlare di salute e benessere sessuale senza pregiudizi. In genere c'è sempre molto entusiasmo e curiosità perché gli spazi per poter parlare apertamente di questi temi sono molto pochi, e invece se ne avverte molto l'esigenza, soprattutto di ambiti dedicati a sole donne. 
In secondo luogo significa promuovere una sessualità serena e consapevole, priva di sensi di colpa. Sì, proprio di sensi di colpa, perché ne siamo pieni, qualche volta anche senza riconoscerlo a noi stessi. Siamo intrisi di "questo non si fa, questo è peccato, questo è scandaloso". A volte non riusciamo nemmeno a fare pace con le nostre stesse fantasie, perché pensiamo che siano eccessive, fuori luogo, impossibili da raccontare, nemmeno al partner. Siamo ossessionati dal giudizio, su di noi e sugli altri, dall'occhio sociale. Qualche volta ce ne lasciamo condizionare a tal punto da perdere di vista che la nostra vita è breve e forse ce ne stiamo perdendo il meglio.
In terzo luogo significa sostenere le donne, che sono il motore dell'umanità ma che troppo spesso si lasciano schiacciare dal peso della responsabilità di dover sempre essere all'altezza delle aspettative altrui, dimenticando troppo spesso se stesse, i propri desideri, i propri sogni, le proprie esigenze.
E infine significa imparare, e ricordare a tutti, che il mondo è bello anche perché è vario. Perché anche noi siamo in cambiamento continuo. Abbiamo il dovere di rispettare noi stesse, ciò che ci fa stare bene oggi, senza dimenticare che il benessere è raggiungibile da tutti, ma ognuno a suo modo. E che essere aperti alle possibilità significa ampliare gli orizzonti, sempre. Nel rispetto delle scelte di tutti, di quelle di oggi e di quelle di domani. Ché niente è immutabile nella vita.
Questo è il motivo per cui lavoro per la Valigia Rossa, e lo faccio con passione.
Se avete voglia di discuterne, sapete come contattarmi, ne sarò felice! Se avete voglia di seguirmi anche su FB potrete trovarmi facilmente sul mio profilo dedicato al lavoro. Vi aspetto!




mercoledì 5 agosto 2015

Della libertà, delle donne e di altre facezie


Oggi girovagando su Fb mi sono imbattuta in due animatissime discussioni su temi differenti: infibulazione e vasectomia. Condite entrambe da elucubrazioni mentali sul concetto di libertà.

Nel primo caso si discuteva della libertà che ha un popolo di stabilire dei propri rituali, tradizioni, gesti, rispetto alla visione che dall'esterno se ne può avere. O meglio, se la condanna unanime che nel mondo occidentale si ha verso la pratica della infibulazione delle donne non sia anche questa una forma di violenza e di mancanza di rispetto verso altri popoli e altre culture, in cui sono spesso le donne a chiederla, come rito di iniziazione nel passaggio all'età adulta.
Io credo che esistano dei diritti umani, come il diritto all'integrità fisica, che non possano essere oggetto di discussioni "culturali", perché sono qualcosa che deve essere riconosciuto al genere umano indipendentemente da dove si nasce, dove si vive, a quale religione si pratica. Il diritto alla sessualità e al piacere non può non essere riconosciuto e tutelato, anche rispetto a quella donna che "sceglie" per mancanza di altre possibilità, e di altre conoscenze, quella orrenda pratica, la stessa che la madre gli propone, l'unica accettata nel suo gruppo sociale. Non riconoscere che questi sono condizionamenti culturali è essere poveri di strumenti di giudizio, e non riconoscere che si tratta di una mutilazione e che come tale è inaccettabile, è francamente inumano.
Da qui a trovare soluzioni definitive e immediate per eliminarla ne corre, ma non eravamo lì per prendere questo tipo di decisioni, stavamo solo chiacchierando del tema. L'osservazione ulteriore che mi sento di fare è che pochissimi uomini intervengono su questo tema, come se in fondo fosse qualcosa che non possano permettersi di mettere in discussione, su cui sia bene sospendere il giudizio, o forse addirittura qualcosa che non li riguardi. La seconda è che la stragrande maggioranza di donne si sente molto toccata nel profondo e si dichiara inorridita. 

Nel secondo caso si discuteva della vasectomia come pratica di contraccezione definitiva, e sulla possibilità di prenderla in considerazione per coppie che non vogliono avere figli o non vogliono averne altri. E' possibile proporla al proprio compagno, ci si chiedeva?
Anche qui la mia opinione è che SE la scelta della coppia è l'esclusione definitiva di (altri) figli, è nella coppia che si deve trovare la soluzione, MA in linea di principio non dovrebbero esserci differenze tra uomo e donna. Non è mia intenzione stabilire quale sia l'intervento migliore, perché sempre di intervento chirurgico si tratta, né quale sia la scelta meno faticosa dal punto di vista fisico ed emotivo, naturalmente. E' assolutamente ovvio che si tratta di scelta personale ancorché condivisa in coppia.
Il problema sta nel fatto che molte donne chiedono la chiusura delle tube, mentre non sembra esserci ricorso alla vasectomia, soprattutto in Italia. E i dati devono poterci dire qualcosa, no? Perché in Italia vi ricorre lo 0.01% mentre all'estero i dati sono di gran lunga superiori? 21% in Inghilterra, 22% in Canada, 19.5 % in Nuova Zelanda, 12.7% negli Stati Uniti. E' ovvio che si tratti di un fattore culturale. E su questo occorre ragionare.

Io credo che ancora oggi (e soprattutto nel nostro paese)  la contraccezione nelle coppie sia un problema di cui si fa carico prevalentemente la donna. Ancora oggi le donne preferirebbero farsi operare che chiedere al compagno di fare lui il passo definitivo. I maschi naturalmente sono ben contenti, perché è noto il riserbo che hanno al solo pensiero di farsi visitare, figuriamoci poi all'idea di non poter procreare, quasi che si sia meno "maschi" se non si procrea. Ma anche molte donne temono questo intervento, si ha paura che comprometta la funzionalità dell'organo, e quindi la futura intimità di coppia. E' difficile anche solo immaginare di correre questo rischio, anche quando una informazione corretta ci mostra che c'è meno rischio nella vasectomia che nella legatura delle tube. Non c'è niente da fare: è un fatto atavico e culturale insieme. Ed è un argomento difficile da trattare, soprattutto nel nostro paese, anche oggi nel 2015.

Le donne, sempre le donne, dice il manifesto sopra

mercoledì 8 luglio 2015

il tempo


Io il mio tempo finora l'ho vissuto tutto, fino all'ultimo secondo. E non mi cruccio molto dei segni che mi ha lasciato, non mi rammarico delle risate, né delle lacrime che ho versato, è la vita questa! Chissà quante altre risate mi aspettano, o quali altri dolori. E' la vita, baby. E' meglio che foderarsi il cuore per paura di provare sentimenti. E' meglio che rimanere impassibili a tutto quello che ti circonda, vivendo da morti dentro. Si prende ciò che ci arriva, questo è. Ma è il modo che ti differenzia dagli altri, che ti rende te stesso.
E sì, ogni tanto penso alla morte, ci penso più spesso di prima, ma non nel modo in cui tu credi. Provo curiosità, non paura. Abbandono, non resistenza. Ho voglia di vita anche se penso con serenità alla morte, che tanto arriva quando vuole lei, senza avvisare.
Oh sì, non me lo dire, ti prego. Lo so che sono ancora troppo giovane. Ma vorrei che mi spiegassi tu che vuol dire essere giovani e morire all'improvviso. O vecchi e stanchi e non morire mai. Non si governano in questo modo i pensieri. Anzi forse i pensieri non si governano mai. Provaci ogni tanto a lasciare liberi e ingovernati i pensieri, serve sai? Serve sempre sperimentare l'abbandono, ché non tutto puoi programmare e classificare, tanto meno te stesso e i tuoi pensieri. 
Molla le redini, lascia andare la fantasia, piangi se vuoi piangere e ridi forte, tirando indietro la testa. Che la vita non ti aspetta, la vita è questa, la vita è oggi.

mercoledì 24 giugno 2015

Il cibo dell'uomo - F. Berrino


Argomento trito e ritrito, si dirà.
Forse. E' vero che se ne sente sempre parlare, che si dice che avere una buona alimentazione e un buon stile di vita ci aiuta a conservare un buono stato di salute. Ma poi quando cerchi di capire meglio che cosa vogliano dire questi termini, allora le risposte risultano più vaghe. Ognuno dice la sua, in genere i medici si limitano a "faccia un po' di attività fisica e a tavola non abusi".
Come se il concetto di abuso sia universale. Oddio, che di fronte al pranzo di natale siamo davanti a un abuso tutti siamo consapevoli, ma cosa significa non abusare nella vita di ogni giorno? E' un problema di quantità? Cosa significa mangiare bene e cosa è invece mangiare male? Quali sono gli alimenti che devono essere evitati, quali quelli da consumare sporadicamente e quali quelli indispensabili?

Se non ci si chiarisce questo, è difficile poi orientarsi. E le indicazioni sembrano così vaghe da non segnalarci con sufficiente chiarezza come operare un cambiamento, cosicché alla fine continueremo a mangiare come sempre, dicendoci che "tutto sommato va bene così".
Invece no, non va bene. E che l'alimentazione sia alla base di molte patologie gravi e croniche che affliggono i nostri tempi (e spessissimo i nostri figli) non è una novità. Quello che io ho sempre ritenuto grave è che i medici, ai quali mi sono sempre rivolta per un consiglio in tal senso, anche in caso di serie patologie, nulla mi hanno consigliato. Nulla.
Il prof. Berrino, di cui vedete le foto, noto per il quarantennale lavoro di ricerca all'Istituto Nazionale dei Tumori di Milano, sottolinea che questo è dovuto a vera e propria ignoranza sul tema, da parte dei medici, i quali non fanno un solo esame di nutrizione nell'intero corso universitario. Nemmeno i gastroenterologi. Non è un paradosso questo? e quanti di noi ne sono al corrente?
Io invece nel tempo mi sono convinta che molte cose discendono dalla (cattiva) alimentazione. E me ne sono convinta non perché ho seguito la moda di questo o quel guru, considerato naturalmente ciarlatano dalla medicina ufficiale, ma al contrario perché ho letto tanto, ho letto libri scritti da medici e risultati di ricerche scientifiche che senza ombra di dubbio mostrano correlazioni tra abitudini alimentari e rischio di contrarre malattie gravi.


Ma non basta per cambiare. Non basta mai. Per questo continuo a leggere, a documentarmi, e a lasciare che ciò che leggo sedimenti lentamente dentro di me. Perché per cambiamenti veri e duraturi ci vuole tempo. Perciò non vi dirò che sono diventata vegetariana e neppure vegana all'improvviso, fulminata sulla via di damasco. Ma vi dirò che quella è la strada che a poco a poco sto percorrendo.
In questo percorso mi è capitato di assistere a un incontro con il Prof. Franco Berrino, tenutosi nella Facoltà di Agraria della mia città, due giorni fa. Un incontro molto interessante, per la personalità stessa del Professore, per il suo modo di porgersi e raccontare il modo che lo ha condotto alle ricerche che poi l'hanno reso noto, non solo in Italia ma anche all'estero (forse più all'estero che in Italia).
Avevo già letto molto su di lui e ascoltato più volte i suoi interventi. Chiunque può leggere la sua biografia e vedere facilmente dei suoi filmati, brevi, su youtube e i suoi consigli sintetici per la buona alimentazione. Ho avuto modo di seguire le indicazioni su ciò che con certezza è nocivo, per esempio il latte animale e lo zucchero.
Brevemente, possiamo dire che la corretta alimentazione deve essere basata su legumi (ogni giorno) con cereali integrali, verdura, e frutta. Questo è l'essenziale. E vista l'enorme vastità di varietà di alimenti a disposizione per ciascuno di questi gruppi, abbiamo modo di sbizzarrisci e variare il menù ogni giorno. Perché il segreto è anche questo: variare sempre il tipo di cereale, di legume, di verdura e di frutta consumati.
La seconda strada è il movimento, non ci vuole molto, anche solo mezz'ora ma ogni giorno. Perché il movimento mette in circolo energia, ossigena i tessuti, ci fa respirare meglio, aiuta la digestione.
La terza via è la meditazione, ogni giorno.
Adesso la strada mi pare più chiara, le indicazioni più precise. Poi come sempre ognuno dovrà essere protagonista della propria vita e decidere per proprio conto.
Io intanto leggo l'ultimo libro del Professore, che vi consiglio.