venerdì 18 dicembre 2015

Io e una valigia rossa




Ed eccomi qui a raccontarvi le novità dei miei ultimi mesi.
Chi mi conosce sa bene che negli ultimi anni i miei interessi personali sono stati variegati, ma con un unico filo conduttore: il benessere personale. Credo che un poco dipenda dalla maturità, molto dalla vita che mi ha insegnato molto a riguardo, fatto sta che ho imparato a guardarmi dentro e a trasformare a poco a poco ciò che non mi piaceva. Certo è un lavoro lungo, forse non si finisce mai, ma sono molto soddisfatta di me.
Nel corso di questo tempo ho imparato a riconoscere che nulla accada per caso, e che spesso le occasioni capitano quando è il momento giusto. E' stato così anche per il mio incontro con la Valigia Rossa, una azienda al femminile che si occupa di salute e benessere sessuale, e con un occhio rivolto al sociale. L'ho conosciuta in maniera fortuita, grazie a un incontro virtuale con una donna che fa la consulente per questa azienda. Così ho approfondito, ho letto il sito, e ho deciso di diventarlo anche io, e dopo un corso e un periodo di formazione finalmente adesso sono operativa nella mia città.
Ma cosa significa per me essere una consulente della Valigia Rossa? Prima di tutto riuscire a entrare in contatto con donne che abbiano voglia, interesse e curiosità per parlare di salute e benessere sessuale senza pregiudizi. In genere c'è sempre molto entusiasmo e curiosità perché gli spazi per poter parlare apertamente di questi temi sono molto pochi, e invece se ne avverte molto l'esigenza, soprattutto di ambiti dedicati a sole donne. 
In secondo luogo significa promuovere una sessualità serena e consapevole, priva di sensi di colpa. Sì, proprio di sensi di colpa, perché ne siamo pieni, qualche volta anche senza riconoscerlo a noi stessi. Siamo intrisi di "questo non si fa, questo è peccato, questo è scandaloso". A volte non riusciamo nemmeno a fare pace con le nostre stesse fantasie, perché pensiamo che siano eccessive, fuori luogo, impossibili da raccontare, nemmeno al partner. Siamo ossessionati dal giudizio, su di noi e sugli altri, dall'occhio sociale. Qualche volta ce ne lasciamo condizionare a tal punto da perdere di vista che la nostra vita è breve e forse ce ne stiamo perdendo il meglio.
In terzo luogo significa sostenere le donne, che sono il motore dell'umanità ma che troppo spesso si lasciano schiacciare dal peso della responsabilità di dover sempre essere all'altezza delle aspettative altrui, dimenticando troppo spesso se stesse, i propri desideri, i propri sogni, le proprie esigenze.
E infine significa imparare, e ricordare a tutti, che il mondo è bello anche perché è vario. Perché anche noi siamo in cambiamento continuo. Abbiamo il dovere di rispettare noi stesse, ciò che ci fa stare bene oggi, senza dimenticare che il benessere è raggiungibile da tutti, ma ognuno a suo modo. E che essere aperti alle possibilità significa ampliare gli orizzonti, sempre. Nel rispetto delle scelte di tutti, di quelle di oggi e di quelle di domani. Ché niente è immutabile nella vita.
Questo è il motivo per cui lavoro per la Valigia Rossa, e lo faccio con passione.
Se avete voglia di discuterne, sapete come contattarmi, ne sarò felice! Se avete voglia di seguirmi anche su FB potrete trovarmi facilmente sul mio profilo dedicato al lavoro. Vi aspetto!




mercoledì 5 agosto 2015

Della libertà, delle donne e di altre facezie


Oggi girovagando su Fb mi sono imbattuta in due animatissime discussioni su temi differenti: infibulazione e vasectomia. Condite entrambe da elucubrazioni mentali sul concetto di libertà.

Nel primo caso si discuteva della libertà che ha un popolo di stabilire dei propri rituali, tradizioni, gesti, rispetto alla visione che dall'esterno se ne può avere. O meglio, se la condanna unanime che nel mondo occidentale si ha verso la pratica della infibulazione delle donne non sia anche questa una forma di violenza e di mancanza di rispetto verso altri popoli e altre culture, in cui sono spesso le donne a chiederla, come rito di iniziazione nel passaggio all'età adulta.
Io credo che esistano dei diritti umani, come il diritto all'integrità fisica, che non possano essere oggetto di discussioni "culturali", perché sono qualcosa che deve essere riconosciuto al genere umano indipendentemente da dove si nasce, dove si vive, a quale religione si pratica. Il diritto alla sessualità e al piacere non può non essere riconosciuto e tutelato, anche rispetto a quella donna che "sceglie" per mancanza di altre possibilità, e di altre conoscenze, quella orrenda pratica, la stessa che la madre gli propone, l'unica accettata nel suo gruppo sociale. Non riconoscere che questi sono condizionamenti culturali è essere poveri di strumenti di giudizio, e non riconoscere che si tratta di una mutilazione e che come tale è inaccettabile, è francamente inumano.
Da qui a trovare soluzioni definitive e immediate per eliminarla ne corre, ma non eravamo lì per prendere questo tipo di decisioni, stavamo solo chiacchierando del tema. L'osservazione ulteriore che mi sento di fare è che pochissimi uomini intervengono su questo tema, come se in fondo fosse qualcosa che non possano permettersi di mettere in discussione, su cui sia bene sospendere il giudizio, o forse addirittura qualcosa che non li riguardi. La seconda è che la stragrande maggioranza di donne si sente molto toccata nel profondo e si dichiara inorridita. 

Nel secondo caso si discuteva della vasectomia come pratica di contraccezione definitiva, e sulla possibilità di prenderla in considerazione per coppie che non vogliono avere figli o non vogliono averne altri. E' possibile proporla al proprio compagno, ci si chiedeva?
Anche qui la mia opinione è che SE la scelta della coppia è l'esclusione definitiva di (altri) figli, è nella coppia che si deve trovare la soluzione, MA in linea di principio non dovrebbero esserci differenze tra uomo e donna. Non è mia intenzione stabilire quale sia l'intervento migliore, perché sempre di intervento chirurgico si tratta, né quale sia la scelta meno faticosa dal punto di vista fisico ed emotivo, naturalmente. E' assolutamente ovvio che si tratta di scelta personale ancorché condivisa in coppia.
Il problema sta nel fatto che molte donne chiedono la chiusura delle tube, mentre non sembra esserci ricorso alla vasectomia, soprattutto in Italia. E i dati devono poterci dire qualcosa, no? Perché in Italia vi ricorre lo 0.01% mentre all'estero i dati sono di gran lunga superiori? 21% in Inghilterra, 22% in Canada, 19.5 % in Nuova Zelanda, 12.7% negli Stati Uniti. E' ovvio che si tratti di un fattore culturale. E su questo occorre ragionare.

Io credo che ancora oggi (e soprattutto nel nostro paese)  la contraccezione nelle coppie sia un problema di cui si fa carico prevalentemente la donna. Ancora oggi le donne preferirebbero farsi operare che chiedere al compagno di fare lui il passo definitivo. I maschi naturalmente sono ben contenti, perché è noto il riserbo che hanno al solo pensiero di farsi visitare, figuriamoci poi all'idea di non poter procreare, quasi che si sia meno "maschi" se non si procrea. Ma anche molte donne temono questo intervento, si ha paura che comprometta la funzionalità dell'organo, e quindi la futura intimità di coppia. E' difficile anche solo immaginare di correre questo rischio, anche quando una informazione corretta ci mostra che c'è meno rischio nella vasectomia che nella legatura delle tube. Non c'è niente da fare: è un fatto atavico e culturale insieme. Ed è un argomento difficile da trattare, soprattutto nel nostro paese, anche oggi nel 2015.

Le donne, sempre le donne, dice il manifesto sopra

mercoledì 8 luglio 2015

il tempo


Io il mio tempo finora l'ho vissuto tutto, fino all'ultimo secondo. E non mi cruccio molto dei segni che mi ha lasciato, non mi rammarico delle risate, né delle lacrime che ho versato, è la vita questa! Chissà quante altre risate mi aspettano, o quali altri dolori. E' la vita, baby. E' meglio che foderarsi il cuore per paura di provare sentimenti. E' meglio che rimanere impassibili a tutto quello che ti circonda, vivendo da morti dentro. Si prende ciò che ci arriva, questo è. Ma è il modo che ti differenzia dagli altri, che ti rende te stesso.
E sì, ogni tanto penso alla morte, ci penso più spesso di prima, ma non nel modo in cui tu credi. Provo curiosità, non paura. Abbandono, non resistenza. Ho voglia di vita anche se penso con serenità alla morte, che tanto arriva quando vuole lei, senza avvisare.
Oh sì, non me lo dire, ti prego. Lo so che sono ancora troppo giovane. Ma vorrei che mi spiegassi tu che vuol dire essere giovani e morire all'improvviso. O vecchi e stanchi e non morire mai. Non si governano in questo modo i pensieri. Anzi forse i pensieri non si governano mai. Provaci ogni tanto a lasciare liberi e ingovernati i pensieri, serve sai? Serve sempre sperimentare l'abbandono, ché non tutto puoi programmare e classificare, tanto meno te stesso e i tuoi pensieri. 
Molla le redini, lascia andare la fantasia, piangi se vuoi piangere e ridi forte, tirando indietro la testa. Che la vita non ti aspetta, la vita è questa, la vita è oggi.

mercoledì 24 giugno 2015

Il cibo dell'uomo - F. Berrino


Argomento trito e ritrito, si dirà.
Forse. E' vero che se ne sente sempre parlare, che si dice che avere una buona alimentazione e un buon stile di vita ci aiuta a conservare un buono stato di salute. Ma poi quando cerchi di capire meglio che cosa vogliano dire questi termini, allora le risposte risultano più vaghe. Ognuno dice la sua, in genere i medici si limitano a "faccia un po' di attività fisica e a tavola non abusi".
Come se il concetto di abuso sia universale. Oddio, che di fronte al pranzo di natale siamo davanti a un abuso tutti siamo consapevoli, ma cosa significa non abusare nella vita di ogni giorno? E' un problema di quantità? Cosa significa mangiare bene e cosa è invece mangiare male? Quali sono gli alimenti che devono essere evitati, quali quelli da consumare sporadicamente e quali quelli indispensabili?

Se non ci si chiarisce questo, è difficile poi orientarsi. E le indicazioni sembrano così vaghe da non segnalarci con sufficiente chiarezza come operare un cambiamento, cosicché alla fine continueremo a mangiare come sempre, dicendoci che "tutto sommato va bene così".
Invece no, non va bene. E che l'alimentazione sia alla base di molte patologie gravi e croniche che affliggono i nostri tempi (e spessissimo i nostri figli) non è una novità. Quello che io ho sempre ritenuto grave è che i medici, ai quali mi sono sempre rivolta per un consiglio in tal senso, anche in caso di serie patologie, nulla mi hanno consigliato. Nulla.
Il prof. Berrino, di cui vedete le foto, noto per il quarantennale lavoro di ricerca all'Istituto Nazionale dei Tumori di Milano, sottolinea che questo è dovuto a vera e propria ignoranza sul tema, da parte dei medici, i quali non fanno un solo esame di nutrizione nell'intero corso universitario. Nemmeno i gastroenterologi. Non è un paradosso questo? e quanti di noi ne sono al corrente?
Io invece nel tempo mi sono convinta che molte cose discendono dalla (cattiva) alimentazione. E me ne sono convinta non perché ho seguito la moda di questo o quel guru, considerato naturalmente ciarlatano dalla medicina ufficiale, ma al contrario perché ho letto tanto, ho letto libri scritti da medici e risultati di ricerche scientifiche che senza ombra di dubbio mostrano correlazioni tra abitudini alimentari e rischio di contrarre malattie gravi.


Ma non basta per cambiare. Non basta mai. Per questo continuo a leggere, a documentarmi, e a lasciare che ciò che leggo sedimenti lentamente dentro di me. Perché per cambiamenti veri e duraturi ci vuole tempo. Perciò non vi dirò che sono diventata vegetariana e neppure vegana all'improvviso, fulminata sulla via di damasco. Ma vi dirò che quella è la strada che a poco a poco sto percorrendo.
In questo percorso mi è capitato di assistere a un incontro con il Prof. Franco Berrino, tenutosi nella Facoltà di Agraria della mia città, due giorni fa. Un incontro molto interessante, per la personalità stessa del Professore, per il suo modo di porgersi e raccontare il modo che lo ha condotto alle ricerche che poi l'hanno reso noto, non solo in Italia ma anche all'estero (forse più all'estero che in Italia).
Avevo già letto molto su di lui e ascoltato più volte i suoi interventi. Chiunque può leggere la sua biografia e vedere facilmente dei suoi filmati, brevi, su youtube e i suoi consigli sintetici per la buona alimentazione. Ho avuto modo di seguire le indicazioni su ciò che con certezza è nocivo, per esempio il latte animale e lo zucchero.
Brevemente, possiamo dire che la corretta alimentazione deve essere basata su legumi (ogni giorno) con cereali integrali, verdura, e frutta. Questo è l'essenziale. E vista l'enorme vastità di varietà di alimenti a disposizione per ciascuno di questi gruppi, abbiamo modo di sbizzarrisci e variare il menù ogni giorno. Perché il segreto è anche questo: variare sempre il tipo di cereale, di legume, di verdura e di frutta consumati.
La seconda strada è il movimento, non ci vuole molto, anche solo mezz'ora ma ogni giorno. Perché il movimento mette in circolo energia, ossigena i tessuti, ci fa respirare meglio, aiuta la digestione.
La terza via è la meditazione, ogni giorno.
Adesso la strada mi pare più chiara, le indicazioni più precise. Poi come sempre ognuno dovrà essere protagonista della propria vita e decidere per proprio conto.
Io intanto leggo l'ultimo libro del Professore, che vi consiglio.


Patti Smith (io e i concerti)


Questa volta è l'occasione per scrivere due parole, sul concerto di Patti Smith, del 16 Giugno a Zafferana Etnea.
L'evento non era iniziato con i migliori auspici, prima di tutto perché la sede del concerto è stata spostata, e dal centro di Catania abbiamo dovuto spostarci a Zafferana. Inutile dire che, essendo un giorno feriale, se l'avessimo saputo per tempo non avremmo proprio comprato il biglietto probabilmente (oltre un'ora per arrivare). Ma poiché non ci è stato in alcun modo possibile raggiungere l'organizzazione per chiedere un rimborso, che ci è stato riferito essere comunque non previsto, ci è toccato andare.
E alla fine, a parte le discussioni al botteghino, non ce ne siamo pentiti. Un concerto per pochi intimi, potremmo dire; l'anfiteatro era pieno per una parte dei posti disponibili (meno della metà, a dire il vero, quelli occupati all'orario di inizio previsto). 
Ma il concerto è stato davvero bello. Patti Smith dimostra di essere tuttora una artista capace di reggere bene il palco e ci ha regalato oltre un'ora e mezza di spettacolo ininterrotto. Grandi classici i suoi: Gloria, Because the night, Elegie e naturalmente Horses. Il tutto senza risparmio di voce e di energia, invitando per altro la gente a scendere e ballare giù a un passo dalla band, per tutta l'ultima parte del concerto.
Gran finale con "People have the power" e infine unico bis, ma meritevole, con la bella "My generation" degli Whoo, compresa di "massacro" alla chitarra elettrica.
Una serata da ricordare

venerdì 19 giugno 2015

Letti di notte


La lettura è una delle mie passioni più antiche. Lo dico sempre e non mi stancherò di dirlo.
Nel nostro paese purtroppo non è una passione molto diffusa. E io penso che anche soltanto questo può fornirci una indicazione sui motivi per cui il paese si trovi al punto in cui è. Ma non è di questo che volevo parlare.
Mi capita spesso di parlare di libri su queste pagine, e cerco di farlo tutte le volte che posso anche nella vita comune con le persone che frequento. Mi piace proprio parlare di libri, di quelli che mi piacciono e di quelli che non mi piacciono, della impressione che mi hanno lasciato, delle sensazioni che ho provato con l'uno o con l'altro.
E trovo anche che bisognerebbe che ci fossero più occasioni per farlo, collettivamente.
Per questo sono contentissima di parlare di questa iniziativa alla quale purtroppo io non potrò partecipare: "Letti di notte". Si svolge in molte città italiane in contemporanea proprio domani 20 giugno. E' uno spazio libero, notturno, per la lettura. In ogni città si organizzano occasioni differenti. Autori, traduttori, in bici, al buio, in lingua o in dialetto, con la musica, o su un lettino, moltissime le alternative proposte. Una serata per celebrare la lettura in maniera nuova. Una buona occasione per lasciarsi affascinare. Che altro?
Spegni la luce, accendi la notte!


lunedì 1 giugno 2015

Il delitto dei giusti - André Chamson



Ancora una volta scrivo di un bel libro della piccola casa editrice Marcos y  Marcos, che personalmente io sostengo appassionatamente, sia per le scelte dei titoli tradotti che per i titoli italiani promossi con grande impegno e competenza.
Ma torniamo al titolo in questione, "Il delitto dei giusti". Si tratta di una piccola storia, ambientata in una provincia rurale, in cui una famiglia da sempre detta le regole del vivere civile, con il proprio parere dipana questioni familiari, di interessi, di litigi fra confinanti, con l'obiettivo di riuscire a mantenere la pace del piccolo centro. Ma tutta questa autorevolezza si incrina quando un fatto privato, accaduto all'interno alla famiglia, a poco a poco erode la sicurezza con cui ci si era erti a difensori della giustizia e della morale collettiva. Fino a decretare la fine della famiglia stessa, che si disgrega definitivamente.

Ci sono varie ragioni per cui mi è piaciuto questo libro, che si legge rapidamente grazie alla scrittura scorrevole. Una di queste è che l'elemento centrale e scatenante di tutta la storia è un episodio di incesto, che viene solo accennato, tra la figlia "sorda e selvatica" e il fratello più sensibile. Episodio raccontato con grandissima delicatezza. E questo lo trovo un elemento vincente nell'economia della storia. Avrebbe potuto assecondare una certa morbosa curiosità, nel dettagliare, nel soffermarsi sul racconto dell'evento, ma non l'ha fatto. In un certo senso i due protagonisti sembrano proprio scomparire dalla storia, che diventa rapidamente altro.
Una seconda ragione per cui mi è piaciuto è l'attenzione per i dettagli nel racconto del tracollo che questa famiglia poi subisce, accartocciandosi su se stessa, nel momento in cui il capofamiglia per primo non sa reagire con rettezza e correttezza, ma al contrario nel desiderio di nascondere (prima di tutto a se stessi) il frutto della vergogna, condanna se stesso alla solitudine, i familiari all'abbandono dei luoghi natii e la famiglia intera non solo alla scomparsa, ma quel che è peggio alla definitiva riprovazione collettiva della comunità che da sempre aveva guidato.

Un bel libro che consiglio decisamente.



martedì 26 maggio 2015

Mater - percorsi sulla maternità


Un paio di settimane fa ho approfittato del mio soggiorno a Parma per visitare una bella mostra che in questo momento si tiene nel Palazzo del Governatore, dal titolo "Mater".
Un percorso d'arte, dalle tracce archeologiche della cultura del mediterraneo, alle più contemporanee opere fatte di scritte al neon, passando per i grandi capolavori scultorei e pittorici dei secoli passati e recenti. Alla ricerca dell'essenza della maternità.
Questa mostra mi è piaciuta, l'ho trovata ben curata e straordinariamente ricca di opere e di spunti di riflessione.
La maternità, forza e debolezza, gesto antico e moderno, che segna il destino dell'umanità e, molto più intimamente, il mistero della nostra stessa esistenza.
Ultimamente mi capita di riflettere spesso su questo tema. Sarà per via del fatto di essere rimasta orfana presto, in un età adolescente in cui forse mi sarebbe stata più utile una figura femminile di riferimento con cui confrontarmi sulla vita, sul mio ruolo, su tanti temi con cui prima o dopo come donne ci capita di misurarci. E soprattutto forse per via della mia stessa maternità, voluta e accolta, ma che mi impone spesso e volentieri di fermarmi a riflettere e fare un po' il punto, tirare delle
somme, aggiustare il tiro, scegliere nuovi percorsi.
La maternità mi ha molto cambiato, perché inevitabilmente ha stravolto il mio modo di vedere le cose. Che detta così sembra la solita considerazione melensa di una madre in vena di romanticherie. Eppure è proprio così che io avverto, che ho avvertito sempre, questa cosa grande e immensa che è la maternità. Dico sempre che io, guardando mia figlia, sono stata colta da delirio di onnipotenza. 
Caspita, mi sono detta, se riesci a creare un essere vivente così minuscolo ma perfetto in tutte le sue parti, così unico, libero, grande, allora che cosa altro ti manca? Non c'è nulla che ti è precluso, di fronte a un miracolo così gigantesco! La meraviglia della creazione! (credo di averla capita all'epoca e ne ho sperimentato lo stupore)

E poi cominci a interrogarti, sin dai primi mesi, a chiederti che diamine penserà di te quell'esserino così piccolo, ma indubbiamente già dotato di propria volontà. Ed è così che (proprio guardando il mondo come immagini che possa guardarlo dal suo punto di vista) ti accorgi che non puoi rivolgerti a lui/lei con quegli stupidi nomignoli, storpiando il nome delle cose, avvicinandoti con gli immancabili "dududududududu". Semplicemente perché quello, tuo figlio, ti direbbe che sei un gran demente, e tu non sopporteresti il ridicolo nei suoi occhi. (poi, più grande, te lo dirà direttamente guardandoti negli occhi, ma non ti farà così tanta impressione, anzi ne riderete insieme)
Passano gli anni e ti accorgi che mentre tu sei alle prese con i tuoi interrogativi sulla maternità, sul dilemma tra educazione e autorevolezza, i figli crescono e sono proprio quello che hai sempre visto in loro, sin da neonati: sono anime grandi in corpi piccini, ma ora i corpi stanno crescendo. E allora ti accorgi che ti hanno insegnato molto, di te, di quello che sei, di quello che stai diventando, di quello che hai scoperto del mondo.  Ed è molto più di quello che tu hai potuto mai insegnare a loro, di se stessi.
Così cambia ancora la tua percezione di maternità. Ora che sei meno indispensabile, ora che non hai più una funzione essenziale alla sopravvivenza, ora che non li nutri di te stessa, ora che potresti anche allontanarti, lasciandoli, e anzi ora che senti proprio la necessità di liberare i loro spazi, di farti sempre meno presenza ingombrante, proprio adesso realizzi (forse) l'essenzialità del legame. 
E in quella riduzione al nucleo, resta la bellezza di una risata insieme, la tenerezza di una mezz'ora di coccole, il divertimento di un pomeriggio in cucina e anche (talvolta) un abbraccio condito da lacrime di disincanto.
E' qui che comprendi, anche in mezzo alla fatica, alla mancanza di pazienza, alle inevitabili arrabbiature, il senso della maternità. Ed è proprio in quel che resta.




mercoledì 13 maggio 2015

Le cose che non ho detto - Azar Nafisi


"Le cose che non ho detto" è una sorta di diario autobiografico dell'autrice, già notissima per avere pubblicato altri libri come "Leggere Lolita a Teheran" per esempio.
E' un lungo racconto da cui emergono personaggi complessi: il padre di lei, già sindaco di Teheran ai tempi dello Scià, la madre una delle poche donne a entrare in parlamento, e i rapporti travagliati tra loro, le vendette, i tradimenti. E tutto questo nella cornice della rivoluzione Khomeinista, con tutti i risvolti politici e sociali, i cambiamenti, le preoccupazioni, le angosce che ogni dittatura porta con sé. 
In questo caso ho trovato molto interessante, come già nel precedente libro, l'accento posto dall'autrice sulle donne, sul mutare delle proprie condizioni, sulle reazioni alle vicende politiche.
Serve a capire meglio, soprattutto a chi non si è mai addentrato in questo genere di letture, che le donne in Iran hanno sempre avuto un ruolo importante, anche nella cultura. Che il velo non è una consuetudine "tradizionale". Che molte si sono rifiutate di adottarlo, e di questa scelta ne hanno subito il peso.

Esattamente come suggerisce il risvolto di copertina si avverte facilmente un parallelismo tra la dittatura e la famiglia. L'autrice mette in evidenza proprio come il primo nucleo di totalitarismi sia la famiglia, attraverso le relazioni, i rapporti di potere, i sensi di colpa, le rinunce e le reciproche accuse. Alla fine la coppia non riesce a restare in piedi e il rapporto madre-figlia rimane tra i più tormentati dell'intero racconto.

Devo ammettere che è un libro che a un certo punto mi ha dato un senso di stanchezza, ma superata quella fase ho finito di leggerlo con grande velocità. In genere non amo molto lo stile di diario autobiografico, mi annoia appunto. Ma questo libro è qualcosa di altro. Ci cattura in un mondo in parte lontano e differente, ma a voler ben guardare ha molte analogie col presente. Mi ha affascinato nei racconti più privati, di famiglia, perché in fondo tutte le famiglie si somigliano un poco.

E' un libro che consiglierei, pur se di non veloce lettura.

giovedì 7 maggio 2015

In fuga con la zia - Miriam Toews


Questo è il primo libro che leggo dell'autrice canadese.
Ammetto che mi ha affascinato la storia: un viaggio rocambolesco di una zia coi due nipoti, alla ricerca del padre, a seguito dell'ennesimo ricovero della madre che ha gravi problemi maniaco-depressivi. Una situazione non delle più facili, dunque.
Per altro i personaggi sono tutti abbastanza tormentati, ognuno si porta dietro delusioni, sogni infranti, difficoltà a vivere pienamente la realtà della propria vita. Ma per questo sono a loro modo affascinanti. Perché in ognuno di loro trovi un pezzo di te.
Durante il viaggio la giovane zia ripercorre le fasi della sua vita, sia nella propria famiglia d'origine, con questa sorella sempre difficile, tormentata, imprevedibile, sia nella più recente esperienza con un compagno troppo lontano, lasciato in Francia. I ragazzi a loro volta affrontano la difficoltà di avere avuto una madre originale, difficile, fuori da ogni schema, difficile da amare, e l'angoscia di cercare un padre che se n'è andato via (forse per salvare se stesso dal dolore) senza più cercarli.
Ne emerge un ritratto di famiglia in cui, a dispetto da quel che si potrebbe apparentemente pensare, i legami sono più solidi di quel che si creda, legami fatti di sogni, parole, telefonate, rabbia, carezze, che alla fine pacificano le inquietudini interiori.
Un bel libro.

giovedì 23 aprile 2015

Giornata mondiale del libro


Non ricordo nemmeno quando ho cominciato a leggere. Intendo a prenderci gusto, a perdermi nelle pagine di un libro dimenticandomi il tempo che passava, il posto in cui ero, o cosa dovessi fare.
Credo sia stato molto presto.
Tutte le volte che avevo tempo nel pomeriggio mi procuravo qualcosa da leggere, che fosse un fumetto, un romanzo o un saggio per ragazzi, non importava cosa. E d'estate non c'erano libri che mi potessero bastare.
C'è stato poi un tempo in cui ho cominciato a tenere una lista dei libri letti, poi una lista dei libri che possedevo. Il tempo passava e io cominciai a scrivere delle schede per ogni libro finito, dei promemoria che mi aiutavano a ricordare quando il numero dei testi ormai cominciava a diventare imbarazzante. 
Il periodo in cui ho letto di più e forsennatamente è stato il periodo in cui ho avuto modo di lavorare in una libreria e avevo quindi la possibilità (oltre che la necessità) di leggere per conoscere le novità da proporre ai clienti, gratis per altro. Una meraviglia.
Ora continuo a leggere, credo che non potrei farne a meno, ma ascolto di più il ritmo del mio corpo, vado a volte più lentamente, assaporo di più e mi fermo più spesso a riflettere, sono meno vorace di un tempo.
Ma non ho mai perso l'abitudine di leggerne più d'uno contemporaneamente.

Il mio pensiero oggi è per tutti coloro che hanno sete di cultura e non hanno i mezzi per saziarsi, e a tutti quelli che invece avrebbero l'opportunità di crescere con un libro in mano e invece lo ritengono inutile. Senza leggere, senza istruzione, senza cultura, saremo sempre un popolo di servi.


martedì 21 aprile 2015

21 aprile


Quanti 21 aprile abbiamo festeggiato insieme? Tanti, trentacinque, anche se io ne ricordo molti meno. Ma quando si è giovani si fa presto a dimenticare un compleanno che non è il tuo...
Poi crescendo capisci  quanto è invece importante avere un'occasione per segnare il passare del tempo, per fare festa, per ricordarsi di qualcuno che ti è caro, per riunirsi e dirci che è bello stare ancora insieme. 
Poi gli anni passano, le persone muoiono e restano i giorni, quelle date che si sono sempre ripetute ogni anno nella tua vita. E anche adesso, a distanza da dieci anni, dopo ben dieci anni che non sei più tra noi, continuo a ricordarmi di questo giorno. Un giorno qualunque di primavera, il tuo giorno.
Oggi avresti compiuto 75 anni, chissà come saresti stato. Ogni tanto, quando mi perdo tra i miei pensieri mi piace immaginarti nonno, uno strano nonno saggio e di poche parole, perso a volte nei suoi "lavoretti", sempre attività pratiche ma anche (e forse soprattutto) meditative, che ti distoglievano da tutto il resto. Penso che avresti saputo trovare a tuo modo un canale di comunicazione anche con le nipoti, ma hai avuto troppo poco tempo per poterlo fare. E loro purtroppo troppo poco tempo per conoscerti e volerti bene.
Ma continuo a pensare che anche adesso mi stai sorridendo in quel modo tutto tuo (e che talvolta riconosco anche in me, adesso), quel sorriso senza parole, ma pieno di intensità negli occhi. E anche adesso mi inviteresti a pensare alle sole cose che hanno senso, ad andare al succo.
Non ho imparato la diplomazia, nemmeno in questi dieci anni, continuo a non trattenere ciò che penso davvero, anche quando me lo riprometto. Ma una cosa l'ho imparata: a volermi più bene. E sono sicura che dipenda anche dall'affetto che mi arriva inaspettatamente, e che mi lascia stupita sempre. 
Chissà come si sta adesso, papà, lontano dalle persone che hai amato, ma anche dalle questioni rognose, dai problemi, dai patemi d'animo, dalle incazzature. Chissà se davvero si vive in pace, se è davvero quella la pace.
Buon compleanno papà, per me oggi sarà sempre il tuo giorno!

lunedì 13 aprile 2015

lezioni


Ho imparato che...
la vita vista da dentro un paio di stivali
ha tutto un altro aspetto.

La danza, il ritmo, la musica, modifica in modo sostanziale la mia giornata. E mi porta anche dove non avrei mai pensato di stare, per es. sopra un palco. 

Che dire. La vita è bella perché ti sorprende e tu stesso ti sorprendi superando certi stupidi limiti, certe ritrosie, certe sciocchezze, che, ti rendi conto solo ora, hanno limitato la tua libera espressione e, alla fine, l'espansione libera della tua gioia. 

                                                      


Sono una persona fortunata perché un anno fa ho fatto questo incontro. Sono fortunata perché so che nessun incontro avviene se non nel momento giusto per farti comprendere qualcosa, per farti fare un passo in più nella tua evoluzione.


Oggi è una bella giornata. Ho indossato la mia maglietta, i miei jeans e i miei stivali e sono andata...

sabato 21 febbraio 2015

la strada


Sono un'altra persona.
Ho cambiato punti di vista, ragionamenti, ho persino rimosso blocchi culturali e convinzioni che ritenevo incrollabili.
Sono una persona nuova.
Se mi guardo indietro, sorrido alla persona che ero.
Se guardo avanti, sono curiosa di capire la persona che sarò.
Nel momento in cui vivo, al punto in cui sono arrivata nel cammino della mia vita, so perfettamente di avere compiuto importanti passi in certe direzioni e non in altre. Ecco perché, senza rancori, nel tempo sono cambiati interessi e anche amicizie. Non è successo nulla di grave, nessun enorme litigio. Solo che le strade che abbiamo deciso di seguire sono diverse, e si sono allontanate. Forse un giorno si riavvicineranno, o persino si incroceranno. E allora sarò felice di ritrovare persone con cui ho già condiviso un pezzetto di strada, ma finché non avverrà io proseguirò serenamente a camminare sulla mia strada, con chi la sta percorrendo poco più avanti o poco più indietro, e altrettanto farete voi sulla vostra.
Il cammino è lungo, e non c'è tempo da perdere, solo da impiegare efficacemente. Il mio cammino è anche lento, per darmi modo di osservare meglio quello che faccio, i miei passi, ciò che mi circonda, i miei compagni di viaggio.
A volte mi fermo perché ho qualcosa da dire o da ascoltare. Imparo ogni giorno qualcosa in più di me, utilmente, più che degli altri. Ma sempre più spesso mi capita di osservare che gli scambi di opinioni servono solo se si ha voglia di tenere le orecchie aperte, altrimenti sono solo un inutile sfoggio di convinzioni. E mi astengo sempre più spesso dal dire la mia, spesso anche perché non la ritengo importante per gli altri.
Mi sforzo di guardare l'obiettivo, il nucleo delle cose, l'essenziale. So che deve essere un esercizio continuo, ma è un poco come il lavoro manuale dove la concentrazione è tutto, e a poco a poco l'esercizio produce frutti.
La vita sembra così difficile, ma forse è solo una strada da percorrere, senza tante distrazioni. Ognuno la sua, ognuno al suo punto, ognuno con le sue scelte a ogni bivio.

venerdì 23 gennaio 2015

io e il web

social network Map di Butch Lebo

Oggi vi tocca un post un poco lungo e pesante, ma tant'è.
Ho iniziato a usare internet una quindicina d'anni fa. Sono una persona curiosa e quindi ho girato parecchio (sempre meno di quanto avrei voluto). Ho letto, studiato, giocato, mi sono divertita, ho fatto esperimenti pseudo-editoriali, qualche volta ho anche discusso. Ho gravitato molto nelle chat, un tempo quelle di msn, ma anche altre. Ho giocato di ruolo in un fantasy medievale. Ho usato da sempre gli instant messenger. Ho collaborato alla nascita di un sito e l'ho gestito per un po'. Mi sono costruita un mio blog, anzi due, anzi tre! E poi sono anche approdata ai social network.
Ogni esperienza mi è servita a qualcosa. Ho capito molto delle dinamiche che si sviluppano via internet, ho incontrato molte persone con cui avevo un colloquio "virtuale" e non le ho trovate diverse da quello che mi aspettavo, tranne forse in un solo caso. Uno su tantissimi, praticamente non conta. Ho imparato che hanno ragione quelli che si dichiarano cauti nel valutare le persone conosciute tramite uno schermo, ma anche che è inutile essere sempre negativi e prevenuti (come moltissimi sono), perché nel web come nella vita, quando ti crei una barriera attorno, gli altri si allontanano. (In fondo per quale ragione dovrebbero mettersi d'impegno ad abbatterla, se tu non fai niente per facilitare loro il lavoro?). Cauti ma ottimisti. Affabili ma non sprovveduti. Questa dovrebbe essere la regola!
Un'altra riflessione che mi va di fare è che trovo molto utili i social Network. Lo dico a voce alta, perché il pregiudizio è molto forte. Ma ugualmente a voce alta dico che molte critiche che ascolto sono assolutamente corrette e puntuali. Parlo della mia esperienza, ognuno poi potrà farsene (se crede) una propria. 
I motivi per cui trovo utile questo strumento io:
1) riesco a leggere molte notizie interessanti e commenti intelligenti, diffusi dai miei contatti: e questo è direttamente proporzionale al numero dei contatti, alla loro volontà di condivisione e naturalmente alla affinità che avete con loro. Indi se i vostri contatti pubblicano cose che ritenete stupidaggini, non prendetevela con loro, siete voi che avete sbagliato a scegliere i contatti!
2) a mia volta diffondo notizie o condivido riflessioni nell'etere, con chi ha voglia di seguirmi, di leggere quel che scrivo, e di commentarlo. Spesso è origine di ottimi scambi di idee anche con chi la pensa diversamente. E spesso io scrivo proprio per questo.
3) è un ottimo metodo per condividere anche ciò che si fa. Nel mio caso, gli oggetti che creo con le mie mani.
4) di quando in quando dei "contatti" diventano "amici", senza aspettarsi troppo, con la dovuta leggerezza, con allegria e quando qualcosa non va come avremmo immaginato, senza troppo rimpianto. 

Quello che invece non mi piace (e che osservo e registro senza capire):
1) l'enorme crescita della violenza verbale e delle manifestazioni di palese intolleranza verso chi è diverso o che percepiamo come diverso, per lingua, cultura, religione, scelte politiche o tendenze sessuali.
2) l'incapacità progressiva a sostenere le proprie idee in discussioni rispettose e costruttive, senza finire inesorabilmente nell'insulto.
3) la crescita esponenziale dell'autoreferenzialità (che si può riassumere nella consueta frase "la bacheca è mia, scrivo quello che mi pare, se non sei d'accordo non leggere e vai altrove")

Non capisco, perché tutti questi atteggiamenti sono la negazione dell'idea di condivisione
Condividere significa mettersi in discussione, esporsi al confronto con altri, ragionare, mediare. Non significa raggruppare solo consensi. Invece mi pare che la deriva "sociale" oggi sia proprio questo: sentirsi tutti un poco "guru", circondati da tanti seguaci, naturalmente sempre in accordo e divertirsi a scrivere manifesti, dichiarazioni, intenti. Indiscutibili. 
Ho smesso di seguire tante persone a cui mi legavano interessi comuni anche solo per via di questo atteggiamento, che non apprezzo. Sono stata buttata fuori da alcuni gruppi perché ho chiesto troppi perché. Eppure non ho mai offeso, non uso parole pesanti, non sono solita fare polemica gratuita.

Nonostante questo però credo che valga la pena di non demonizzare mai gli strumenti, semmai coglierne gli aspetti positivi, che sono tanti, e nello stesso tempo cercare anche di non tapparsi gli occhi (e il naso) di fronte a quello che positivo non è. 
Questo mi sento di dire, soprattutto a chi è (anche) genitore e ha il dovere di farsi un'esperienza e un'idea di quello che poi i nostri figli maneggeranno con più dimestichezza di noi.


mercoledì 14 gennaio 2015

Le piccole virtù - N. Ginzburg



Ho letto più volte questo libro, e ultimamente anche in questi giorni.
Mi fa piacere scriverne perché è bello poter condividere le impressioni che si hanno sulle cose che si leggono, perché un libro raramente colpisce le persone allo stesso modo, e nel tempo tocca corde diverse anche alla stessa persona che lo aveva letto anni prima.
Io credo di averlo apprezzato di più adesso, di quanto avevo fatto in passato.
Della stessa autrice Natalia Ginzburg ho letto anche altre cose, ho trovato strepitoso "Lessico familiare", per esempio.
Questo "Le piccole virtù" è un insieme di scritti, undici, intimi e autobiografici. Una scrittura interessante e brusca in certi passaggi. Ma sempre degna di essere letta.
Certo occorre contestualizzare i testi, scritti tutti dal '44 al '62, ma spesso nella lettura ci si trova a pensare che si potrebbe crederli scritti ieri.
Ne "I rapporti umani" scrive a proposito dell'amore verso i figli che si comincia a capire la vera essenza dell'amore (e del dolore) proprio da genitori. Quando ci rendiamo conto di percorrere la stessa strada che abbiamo percorso nei rapporti coi nostri genitori, solo che adesso ci troviamo dall'altra parte. E riconosciamo gli sguardi duri, le risposte sfuggenti, la mancanza di indulgenza nei giudizi, la durezza e la fierezza di chi ha davanti tutta la vita. In attesa, dice, di arrivare ad ottenere finalmente un poco di misericordia. Quella misericordia che poi si ottiene solo da anziani o da dementi.
Bello anche il passaggio ne "le piccole virtù", in cui sottolinea quanto l'educazione a suo parere si dovrebbe fondare più sulle grandi virtù che sulle piccole. Occorre insegnare "non il risparmio, ma la generosità e l'indifferenza al denaro; non la prudenza ma il coraggio e l'amore per la verità; non la diplomazia, ma l'amore per il prossimo; non il desiderio di successo, ma il desiderio di essere e di sapere". Al contrario di solito l'educazione si fonda  sulle piccole virtù, e queste senza le grandi finiscono per portare al cinismo o alla paura di vivere. E interessantissimo poi il lungo passo sull'educazione al denaro, si sofferma a sottolineare quanto anche inconsciamente poniamo attenzione al denaro, e così facendo lo mettiamo al centro dello sviluppo dei nostri figli, come pensiero fisso. A cominciare dal salvadanaio. "Il segreto dell'educazione sta nell'indovinare i tempi", che semplice verità!
La scuola poi. La scuola dovrebbe essere un campo di battaglia dei nostri figli, a cui dovremmo dare solo un soccorso occasionale, proprio perché quello è un ambito loro, dove mettersi alla prova da soli, in cui affrontare le prime delusioni, in cui misurarsi con gli altri. Possiamo condividere le loro gioie e i loro dolori, ma non prenderne parte. Mi piacerebbe che tutti i genitori potessero leggere e interrogarsi su questo tema, giusto oggi che tendiamo a sostituirci in tutto, ad essere così tanto presenti, ossessivamente presenti in alcuni momenti. Forse ci aiuterebbe a riflettere, e qualche volta a cambiare rotta.
Naturalmente anche gli altri scritti sono degni di nota, non ultimo "Lui e io" un racconto di vita coniugale imperdibile.

giovedì 8 gennaio 2015

The sessions - un film interessante


Qualche sera fa ho visto questo film: "The Sessions". L'argomento è interessante, si affronta, con un'ottima interpretazione degli attori, il tema del diritto alla sessualità per le persone con disabilità.
Il protagonista è un uomo che vive nel polmone d'acciaio e che desidera con tutto se stesso vivere la sua prima esperienza sessuale, e per questo contatta una terapista.
Ma al di là del tema principale, dell'intensità dei dialoghi tra il protagonista e la terapista, o anche con il proprio confessore, questo film parla a tutti.
Perché l'argomento è l'amore, tutti i tipi di amore, che il protagonista sperimenta. Perché al di là della particolare sua condizione di immobilità assoluta, Mark è un uomo come tutti gli altri, persino più spiritoso della media. E come tutti si scontra con le timidezze, le incertezze, le paure che l'amore tira fuori, con la nostra parte più nascosta e più fragile, forse persino la più sconosciuta a noi stessi.
C'è sentimento in ogni parte del film, in ogni rapporto, in ogni legame che Mark ha con gli altri. E sì, si pone l'accento sulla esigenza che tutti abbiamo di fisicità, di rapporti sessuali, ma ci racconta che poi non si tratta solo di effimera ricerca del piacere fisico, ma di contatto vero e umano tra persone.
Questo film ci mette di fronte a un tema che tutti conosciamo, l'amore, ma che ogni volta ci rivela un lato differente, e ci commuove alla fine per la sua assoluta semplicità.
E' un film che vi consiglio!
                                                                                                                                                                                       

lunedì 5 gennaio 2015

del nuovo anno e del sognare a occhi aperti

Ogni anno il passaggio a un anno nuovo mi turba solo per un motivo.
Devo imparare a scrivere in nuovo numero: 2015.
Per il resto amo pensare che si tratta di un nuovo inizio, di tante nuove opportunità, di un'alba nuova. E non necessariamente perché le vecchie non siano state sufficientemente luminose. Solo che mi sono sempre proiettata in avanti, e non mi sono mai guardata troppo indietro.
A pensarci bene nemmeno questo va troppo bene, ché a furia di guardare avanti ti capita di ripetere errori già abbondantemente sperimentati.
Ci dovrebbe essere il giusto equilibrio, cosa che a me veramente è riuscita troppe poche volte nella vita. Io sono fatta di picchi, grande gioia e grande tristezza, grandi sforzi e poi grande indolenza, lampi di genio e immense cazzate. Sin da piccola, in tutto, anche nello studio.
Guardare avanti però ha un vantaggio immenso, puoi immaginare tutto come vuoi, migliore magari di quello che sarà. Non devi confrontarti con le delusioni, con gli insuccessi, con le brutture della vita. Stai lì a guardare l'orizzonte e sogni. E puoi andare dovunque e con chiunque, tanto che te ne frega, è un sogno!
Questa è una stupenda conquista dei miei ultimi anni (sarà forse vero che i quaranta siano un importante spartitraffico tra le macchinine "utilitarie" e le incredibili fuoriserie? io mi sento così!). Ho imparato finalmente che sognare non costa nulla e che il tempo per sognare non è tempo perso. Troppo poco, dite voi? Macché!! Provate a ritagliarvi mezz'ora al giorno, mezz'ora solo per voi, col solo scopo di sognare e null'altro. Non è proprio facilissimo, quando qualcuno bussa alla porta, o ti chiama per qualche imprecisata emergenza, o ha fame e non sa cosa mangiare, o semplicemente quando sei così stremata da quello che ho detto sopra per non riuscire a formulare manco un pensiero che non sia "voglio dormire".
Però se a poco a poco ti impegni nell'esercizio, come in tutti gli allenamenti, poi arrivi a concentrarti subito sullo scopo. E a quel punto è fatta! Hai imparato che basta pochissimo, anche una corsa in bus, una passeggiatina in centro, puoi farlo mentre riempi una lavatrice, o cucini un minestrone. Puoi sognare sempre. Puoi guardare avanti sempre. Puoi inventarti quello che vuoi, e nessuno potrà mai saperlo, tanto che vuoi è un sogno!
Che meravigliaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa! Il nuovo anno è una meraviglia, fidati. Basta solo che ti concentri, dimentichi le brutture e parti per la tua personale tangente fantastica! Altro che film, altro che serial tv! Molto ma molto meglio! Quante cose nuove puoi realizzare, quante avventure puoi progettare, quanta vita, quante sorprese!
E' meraviglioso, fidati!